Pagine

sabato 31 luglio 2010

Viaggio nel Salento di Maria Brandon Albini (a cura di Sergio Torsello) Kurumuny edizioni. Dalla prefazione di Eugenio Imbriani




















«La stessa donna che mi recitava nel Salento le strofe dei lamenti funebri in cui sentivo ribattere ad ogni verso il nome di Caronte, mi raccontava due minuti dopo come e perché figlie e nipoti sue emigrino come operaie, nelle valli del Rodano, in Svizzera, dove imparano a difendersi aderendo ai sindacati. E le stesse ragazze che si occupano della cernita del tabacco negli stanzoni dei baroni leccesi, e che spesso fanno sciopero per ottenere aumenti di salario, cantano, per ritmare il loro monotono lavoro, strofe di cinque secoli fa»: sono parole con cui, nelle pagine conclusive di Mezzogiorno vivo (Milano, Ercoli, 1965, opera uscita due anni prima in francese, Midi vivant, Paris, PUF), Maria Brandon Albini affronta un grande tema del meridionalismo, quello della trasformazione sociale e culturale, in particolare delle classi più povere; e lo fa assumendo una posizione critica, articolata, autonoma, una volta che è riuscita a sottrarsi da un lato al fascino dei luoghi e delle persone incontrate nelle regioni del sud italiano che così tanto ama, frequenta, studia, dall’altro a qualche profezia apodittica pronunciata da grandi intellettuali della sinistra italiana, relativa alla morte di quelle pratiche ed espressioni della cultura popolare che qualcuno ancora si ostinava a studiare. Brandon Albini legge invece i segnali di grande vitalità di quelle forme, che, oltretutto, nel dopoguerra hanno permesso un formidabile rinnovamento della produzione colta, dal romanzo alla poesia al cinema, che hanno sfruttato con larghezza temi e linguaggi del mondo popolare, riprendendo, peraltro la lezione di Verga, Pirandello, D’Annunzio. Data di discrimine è il 1945, quando finisce la guerra ed esce Cristo si è fermato a Eboli; il memoriale di Levi descrive un mondo trascurato, colpevolmente dimenticato nell’epoca fascista, e lo pone sotto gli occhi miopi o disattenti dei lettori borghesi e cittadini; esso accende l’attenzione, in Europa e oltreoceano, sulla Basilicata e, per estensione, sull’Italia meridionale, povera, contadina, che si direbbe ancorata a modelli di vita arcaici, addirittura precristiani, immersa in un tempo primitivo, circolare, che non impone cambiamenti. Ebbene, è facile cogliere la deriva mistificatrice di questa concezione: il mito dell’immobilismo, ricavato a torto, afferma l’autrice, dall’opera leviana, presente in molta letteratura successiva e nel neorealismo (penso, per esempio, al commento scritto da Salvatore Quasimodo per il film La taranta di Gianfranco Mingozzi), in generale, configura un discorso fatalista, cieco di fronte alle aspre condizioni sociali ed economiche che hanno rallentato o impedito i processi di trasformazione. Sappiamo bene, infatti, che nel dopoguerra il movimento contadino in Lucania era caldissimo e molto organizzato, così come in altre regioni del Mezzogiorno; conosciamo l’efficacia e i risultati dell’occupazione delle terre, conosciamo la forza d’urto dell’organizzazione delle tabacchine, particolarmente nel Salento. Per apprezzare queste contraddizioni, il potere e l’incombere dei retaggi culturali, la loro forza sottile e pervasiva e nello stesso tempo il faticoso e duro insorgere dei cambiamenti, bisognava mettersi in viaggio, programmare incontri, intavolare dialoghi con le persone del luogo. La conoscenza prodotta in questo modo, come è ovvio, non è solo libresca, e l’approccio critico tiene conto delle situazioni e dei problemi reali, vissuti. Il Viaggio riproposto in queste pagine da Sergio Torsello rappresenta in modo esemplare un approccio del genere, tanto più leggibile in quanto la scrittura ha l’andamento leggero e il piglio quasi occasionale degli appunti, onestissima, ma non ancora costretta nel rigore analitico, frutto di una rimessa in ordine di annotazioni «prese di giorno in giorno, attorno alle quali si sono annodate le mie riflessioni» non definitive: spunti che meritano altre meditazioni, luoghi che meritano dei nuovi viaggi. All’autrice interessa particolarmente la persistenza di modelli culturali arcaici in un contesto estremamente composito, laddove vecchi linguaggi e strane credenze convivono con realizzazioni di una cultura cittadina molto raffinata, le chiese barocche ospitano varianti di culti mal sottomessi alla dottrina cattolica, le leggende incrociano le storie di santi, si canta la morte con toni, gesti e parole profani. C’era un universo sommerso che conveniva esplorare, sorprendentemente ricco, e la Brandon Albini vi si immergeva lasciandosi orientare da guide sapienti e discrete, intellettuali colti, spesso giovani, studiosi della storia e delle consuetudini locali; ma se pietrefitte e lamenti funebri rinviano a un «mondo immemoriale», a «una eredità di tradizione e di civiltà rurale e magica», ecco che a Castrignano dei Greci, in casa della vecchia Concetta, prefica e maga, proprio lì, si apre il capitolo della lotta sociale, si toccano i temi dell’emigrazione e del lavoro: è lei, infatti, la donna con cui ho aperto queste poche pagine, che appare come testimone privilegiata in Midi vivant, dopo aver ricevuto la visita della scrittrice, raccontata nel Viaggio: «Son tutti emigrati in Svizzera, mi dice una delle giovani nuore di Concetta: ci vanno da marzo a novembre, anche le donne, a coltivare i campi, a potare, raccogliere frutta e legumi, a metterli in cassette, e via dicendo. Guadagnano bene, tornano qui alla fine della stagione, ripartono l’anno seguente. Dei loro salari vive la famiglia. E poi portano qui idee nuove: il sindacalismo, le leggi di difesa operaia… Impariamo a vivere». La realtà degli «interessi presenti» si fa più forte dei meccanismi tradizionali, ed è interessante scoprire giovani donne impegnate a fuggire le pratiche più antiche, la mancanza di istruzione, a cercare maggior sicurezza nel lavoro. Brandon Albini, coglie, insomma, l’avvio di una vera e propria rivoluzione, di un cambiamento radicale, di un movimento che subirà una forte accelerazione; le formiche, per citare Tommaso Fiore, non sanno star ferme: esse riescono in imprese che spaventerebbero un popolo di giganti. Alcune leggende parlano della presenza dei giganti nel Salento, ma nessuno di essi è sopravvissuto.

venerdì 30 luglio 2010

Aspesia Blues di Andrea Fantini (Enzo Delfino editore)















Anni 90. Ovvero gli anni della Generazione X , di Sentieri e Visitors, di Twin Peaks e Beverly Hills dei primi Co.Co.Co., che la guerra l'ha fatta (Kosovo, Afghanistan, Iraq, ecc.), che ha urlato nelle piazze NO NATO, che ha capito da subito come funziona un videoregistratore e che ha pensato che Internet potesse rendere il mondo un posto più democratico. Una generazione che si è emozionata con Superman ed ET, che ha bevuto il Billy e mangiato le Big Bubble, che ha avuto sotto mano i Puffi, Voltron, Magnum P.I., Holly e Benji, Mimì Ayuara, l'Incredibile Hulk, Poochie, Yattaman, Iridella, He-Man, Lamù, Creamy, Kiss Me Licia, i Barbapapà, i Mini-Pony, le Micro-Machine, Big Jim e la casa di Barbie di cartone ma con l'ascensore. La generazione che non ha avuto la Playstation, il Nintendo 64, ma che se la spassava tirandosi gavettoni. Il lato B di questa generazione ce lo racconta Andrea Fantini, con Aspesia Blues per Enzo Delfino Editore, dove in un asfittico e periferico universo della provincia laziale, che ha per nome Aspesia, si cerca di far luce su un black out spazio/tempo di una notte. Mentre in sottofondo un rumore bianco fatto di voci catodiche, la musica dei Cure, vuoto, stress, paranoia, ansia, Pietro non riesce a mettere insieme i tasselli di un puzzles che più trascorrono le ore, meno è in grado di ricostruire. Il lettore viene così catapultato in un’atmosfera nuda e cruda, dove ogni pagina è un cazzotto nello stomaco, e dove le voci dei cinque protagonisti diventano voragini di senso che si nutrono di antieroismo, mancanza di identità, e no future. Il libro si lascia apprezzare per la scrittura ad alto potenziale di aggressività dell’autore, che sapientemente giostra tra un riduzionismo stilistico sub/semanticamente “slangale” e toni smaccatamente diretti come solo la strada e chi la abita è in grado di rendere. Libro interessante, se si vuole capire come funzionano certi meccanismi di violenza e deriva in una delle tante province d’Italia. (Stefano Donno)

giovedì 29 luglio 2010

OLTRE L’ORIZZONTE: intervento di Erica Angelini su "Oltre l'orizzonte di Antonello De Sanctis (No Reply)






















Antonello De Sanctis è un paroliere romano che ha scritto 40 anni di musica italiana vestendo di parole le più belle canzoni, da Padre Davvero di Mia Martini ad Anima mia dei Cugini di Campagna, da Tu mi rubi l’anima dei Collage a Laura non c’è di Nek e molte altre: ultimamente si è dedicato alla scrittura più a lungo respiro senza però perdere di vista il ritmo e le risonanze delle parole che le canzoni pretendono.
Grazie alla mia passione per la musica, conoscevo il suo nome e lo stimavo per tutto ciò che aveva saputo donare con i suoi testi e per come aveva saputo arricchire l’anima degli ascoltatori. Circa tre anni fa, leggendo la sua autobiografia “Non ho mai scritto per Celentano”, scoprii la semplicità di un uomo che si stava mettendo a nudo davanti ai lettori ed è inutile dirlo, la mia stima nei suoi confronti cresceva sempre di più.
Sapevo che l’8 maggio sarebbe uscito il suo primo romanzo “Oltre l’orizzonte” e lo attesi con curiosità ripromettendomi di leggerlo mantenendo però le mie capacità critiche come cerco sempre di fare. La sera che lo acquistai tornai a casa e iniziai a sfogliarlo incuriosita da quel formato quasi tascabile e dall’originale copertina che rappresenta una cassetta dalla quale fuoriesce un nastro aggrovigliato.
Iniziai a leggere e mi sorprese il fatto che una pagina ne tirava dietro un’altra, non riuscivo a staccarmi e lo terminai la sera stessa, avvinta dalla trama e dalle coinvolgenti tematiche che vengono toccate nel romanzo.
Matteo Di Salvo, il protagonista, è un quarantenne che da ragazzo aveva mille sogni. Voleva fare il cantante, lo scrittore, l'attore, ma poi la vita l'ha portato dove ha deciso lei. Adesso fa il direttore di un ristorante alle porte di Roma, ma non ha rinunciato alla voglia di lasciare in giro qualche traccia di sé. Decide allora di raccontare la sua vita a un registratore affidandogli i suoi ricordi e le sue memorie. A scombinare in parte questo progetto, una sera lo va a trovare nella casa dove vive da solo Marta, sua madre, che è affetta da un grave tumore.
Intorno a lei si riunisce l’intera famiglia Di Salvo e insieme, tra delusioni e nuove speranze, cercano di affrontare quei momenti terribili. Il finale, commovente e inatteso, mi ha finalmente restituito il senso del titolo del romanzo e di quel nastro aggrovigliato che sta sulla copertina. “Oltre l’orizzonte” mi ha colpito molto per lo stile fluido ma pieno di concetti importanti, per il rapporto intenso che lega la madre al figlio, per i valori positivi e di speranza che la storia richiama. Il prezzo di 10 euro, volutamente contenuto, è di gran lunga inadeguato alla qualità del romanzo, tra l’altro l’autore ha deciso di devolvere parte del ricavato dalla vendita del libro alla ricerca per i tumori: io ritengo questo un motivo in più per andarlo a comprare. Un libro che consiglio davvero e che certamente vi farà volare oltre l’orizzonte!

mercoledì 28 luglio 2010

Corpo Mistico di Stefano Donno (Giulio Perrone LAB). Intervento di Luciano Pagano


















L’opera “Corpo mistico” di Stefano Donno viene oggi pubblicata per i tipi di LAB di Giulio Perrone editore (collana “Gli Ulivi” diretta da Teresa Romano), una serie fortunata che conta al suo attivo più di centoventi titoli. Si tratta di un romanzo che si inserisce in una tradizione breve (nel tempo) eppure così ricca, ricavando un percorso originale e approfondendo una delle tematiche forse più oscure e radicali insite in quel movimento così terribile come il nazionalsocialismo, ovvero sia l’esoterismo e la magia. Anziché affidarsi allo stratagemma dell’ucronia, l’autore presenta due documenti storici, il diario di Padre Karl Von Liebenfels e l’epistolario del fratello con lo stesso, corredando il romanzo con un testo redatto dal ricercatore che per primo ha reso possibile la divulgazione di questi documenti così eccezionali. Stefano Donno si occupa quindi della redazione e della cura di queste carte sconvolgenti, contenenti i pensieri di Von Liebenfels, un uomo attraversato da un profondo turbamento spirituale, condotto da dubbi profondi circa lo stato della sua fede religiosa, al contrasto con le istituzioni che lo circondano. La mancanza di fiducia nelle persone che dovrebbero essergli di supporto si unisce allo sconforto derivante dal non trovare negli altri lo stesso rigore morale e lo stesso ardore nella ricerca di un equilibrio spirituale limpido. La differenza tra un baratro di oscurità e un buco nero sta nel fatto che mentre il primo può essere illuminato dalla luce, la forza di attrazione del secondo è così terribile da risucchiare la luce stessa. L’animo di Von Liebenfels, come un oggetto stellare perduto, nel corso degli anni prende una direzione autonoma, scevra dal mondo, fino a incontrarsi con qualcosa di ancora più temibile e tremendo. Il fratello infatti è un collaboratore di Himmler, comandante delle SS e poi Ministro dell’Interno del Reich. Il progetto di cui si occupa Jorg Lanz Von Liebenfels coniuga il nazismo magico e esoterico agli studi per il superuomo e la costruzione di un’umanità ideale, composta da supersoldati capaci di comunicare attraverso il pensiero, compiere prodigi, levitare e occupare più luoghi contemporaneamente. Si possono immaginare quelli che saranno gli esiti di tali studi, soprattutto se confortati dalla reclusione in un castello fatto costruire secondo i dettami delle antiche culture celtiche al quale si aggiunge la figura di un guru, anch’egli realmente esistito, Gopi Yogananda, che inizierà il gruppo di prescelti alle tecniche di meditazione necessarie per il raggiungimento di tali stati della mente e del corpo. C’è un momento del romanzo in cui tutte queste forze confluiranno in esiti fuori dell’ordinario. L’autore, nei momenti cruciali, quasi come un regista noir, affida alle nostre capacità di immaginazione e deduzione il compito di desumere il quadro complessivo dalla somma dei particolari, facendo così affiorare nel lettore quel sentimento del ‘tremendo’ così caro ai romanzi gotici di fine ottocento.

Stefano Donno, in “Corpo mistico”, presenta al lettore un filo rosso che lega i diversi tasselli di una storia che giunge fino ai giorni nostri, tramite una serie di allusioni e rimandi espliciti a eventi storici e personaggi realmente accaduti. Allo stesso modo con cui il Dracula di Bram Stoker restituisce una figura storica tramite testimonianze collaterali, in “Corpo Mistico” leggiamo di fatti realmente accaduti e documentabili, coi quali possiamo costruire una ‘nostra’ storia.

Ciò di cui dispone il lettore, al termine del romanzo, è un preludio a qualcosa di terribile che sta per accadere, un evento e una serie di rivelazioni che sovvertiranno il nostro modo di concepire la realtà e il rapporto psico-fisico tra gli umani. L’equilibrio di questa scrittura sta tutto nel costruire una dimensione parallela e ineffabile, coesistente alla storia e perfettamente plausibile, inscrivendosi in un solco già tracciato da autori della stessa generazione, oltre ai già citati Genna e Brizzi viene in mente Simone Sarasso, giovane autore edito da Marsilio, che ha approfondito con la stessa acribia e invenzione gli Anni di Piombo; una precisazione dovuta per fugare ogni dubbio critico dinanzi a tematiche revisioniste, cui “Corpo Mistico” non rischia di afferire, data la dichiarata natura di fiction-storico-documentale.

lunedì 26 luglio 2010

Scoop ritardato di sei mesi...




















La Stampa il 23 luglio ha annunciato quanto già scritto nel libro di Nicola Biondo e Sigfrido Ranucci, Il Patto, in libreria dal 30 gennaio. Peccato che i principali giornali allora non se ne siano accorti. A cominciare da La Stampa. Eppure si tratta di una storia clamorosa che riguarda l’attentato a Paolo Borsellino. In un palazzo di via d’Amelio, il giorno dopo la strage, entrano due poliziotti e trovano due dei fratelli Graziano, costruttori legati alla mafia. Ora La stampa annuncia la notizia con grande risalto e come se fosse sua, aggiungendo i nomi dei due poliziotti che Biondo e Ranucci conoscevano ma che non fecero per non intralciare le indagini. Dopo i depistaggi abbiamo anche i falsi scoop. Alleghiamo le pagine tratte dal Patto, gli articoli di Biondo su L’Unità e de La Stampa, e il testo apparso sul sito di Borsellino.

I mozziconi mai sequestrati – l’ultimo giallo di Via d’Amelio di Guido Ruotolo

La stampa – 23 luglio
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/politica/201007articoli/56962girata.asp

Esposti, polemiche e fughe di notizie. Sul pool antimafia tornano i veleni - Il dossier di Nicola Biondo

L’Unità 24 luglio

http://cerca.unita.it/data/PDF0115/PDF0115/text10/fork/ref/10205ftu.HTM?key=nicola+biondo&first=1&orderby=1


Via d’Amelio – Chi ruba? di Sergio Nazzaro Sito di Salvatore Borsellino – 24 Luglio

http://www.19luglio1992.com/index.php?option=com_content&view=article&id=3134:via-damelio-chi-ruba&catid=26:in-evidenza

Il Patto di Nicola Biondo e Sigfrido Ranucci (Chiarelettere)

PREFAZIONE di Marco Travaglio


fonte ufficio stampa Chiarelettere

Crolli emotivi Romanzo tragicomico per uso esterno di Sandro Montalto (Edizioni CentoAutori)
















Un romanzo comico e tragico, esilarante e disperato, popolato da marionette stralunate e grotteschi uomini comuni la cui vita si snoda tra le amare riflessioni dell’autore sull’esistenza.
Anarchiche e dolenti, le vicende di questo libro riflettono sull’angoscia e su ciò che significa ridere, sull’idiozia comune e sulla vacuità dell’eccellenza. E mentre stritolano convenzioni e illusioni ridono e scherzano, proclamando con un fuoco di fila di battute che l’esistere è per sua natura uno scandalo.

L’Autore

Sandro Montalto vede la luce a Biella nel 1978. Tutt’ora abbagliato, svolge la professione di bibliotecario, è direttore editoriale delle Edizioni Joker e dirige le riviste «La clessidra» (rivista di cultura letteraria) e «Cortocircuito» (semestrale di cultura ludica). Redattore e consulente di molte altre riviste, critico per alcuni giornali, ha anche scritto di musica e di cinema. È fondatore e giurato di alcuni premi letterari, autore teatrale, musicista, umorista (Smemoranda, Le formiche…) e appassionato di giochi di parole. In volume ha pubblicato le raccolte poetiche Scribacchino (Joker, 2000), Pause nel silenzio (Signum, 2006) e Esequie del tempo (Manni, 2006); i saggi Compendio di eresia (Joker, 2004), Beckett e Keaton: il comico e l’angoscia di esistere (Edizioni dell’Orso, 2006; in corso di stampa negli Stati Uniti), Forme concrete della poesia contemporanea e Tradizione e ricerca nella poesia contemporanea (Joker, 2008); la raccolta di aforismi L’eclissi della chimera (Joker, 2005); la commedia Monologhi di coppia (Joker, 2010; andata in scena al “Piccolo Teatro” di Milano). Ha curato molti volumi, tra i quali Umberto Eco: l’uomo che sapeva troppo (ETS, 2009) e Fallire ancora, fallire meglio. Percorsi nell’opera di Samuel Beckett (Joker, 2009).

domenica 25 luglio 2010

Un reportage per pregare di Afrune (Bhoomans editiore) a Bari il 27 luglio




















L’opera che la casa editrice Bhoomans ha il piacere di presentare al pubblico è uno splendido e raffinatissimo volume che avrà una tiratura limitata, pronto ad entrare in possesso solo di quanti sono in grado di apprezzare un prodotto editoriale di rara bellezza, di profondi contenuti, e di grande spiritualità. Parliamo di “Un reportage per pregare” di Afrune. Il libro narra attraverso scritti ed immagini il cammino verso la fede del maestro Afrune. Afrune, pittore salentino è
conosciuto in tutto il mondo, in particolare per i dipinti di Giovanni Paolo II, Padre Pio e Madre Teresa di Calcutta.


Un reportage per pregare di Afrune (Bhoomans editore)
Regione Puglia, Sala Guaccero in via Giuseppe Capruzzi a Bari 27 luglio 2010 alle ore 10,30 a.m.


Interverranno
Aurelio Gianfreda , Presidente IV comissione Regione Puglia; Stefano Donno, consulente editoriale Overeco per Bhoomans; Emma Favia – storico dell’arte; Giuseppe Afrune, autore. Modera : Donatella Azzone, giornalista TELENORBA

Autore: Giuseppe Afrune
Titolo: Un reportage per pregare
Editore: Bhoomans, info@bhoomanseditore.com
Veste grafica: copertina in seta con stampa in oro, sopracopertina in
quadricromia, cofanetto
Dim.: cm 28x33
Anno di pubblicazione: 2010
Prezzo: 150 euro
Pagine: 214

sabato 24 luglio 2010

Sinsigalli (con gronchi, carrubi e mistizzi), di Fabio Pusterla, disegni di Carmine Rezzuti (Edizioni D’If). Intervento di Nunzio Festa















Molto più che un divertissement, grazie in aggiunta alle immagini di Rezzuti, il piccolo tassello tratto dalla piccola serie di creazioni letterarie di Fabio Pusterla, autore dell’a dir poco incantevole “Corpo Stellare”, il piccino “Sinsigalli” mi permette, per una delle poche volte, oltre che di riferire in primissima persona, d’accennare a un curioso evento accaduto in premessa a questa lettura. In pratica, quando alla cortese e attenta Nietta Caridei ho chiesto copia del volume, pensavo, cosa simile a quella raccontata dallo stesso autore in sede d’introduzione dell’opera, d’entrare in possesso d’uno scritto ‘dedicato’ al poeta lucano Leonardo Sinisgalli; evidentemente, oltre ad aver letto troppo velocemente lo spezzone dal quale avevo tratto l’interessamento, avevo ripetuto l’errore, in seguito. E, per giunta, in seguito, la pur sempre attentissima Caridei non s’era accorta, oppure aveva accettato quale refuso, il mio almeno imbarazzante errore. Per dire, su tutto, come le affermazioni di Pusterla, e soprattutto la sua originale idea di fare addirittura un libro su questo, se pur piccolo piccolo in quando a dimensioni tipografiche, sia frutto di brillante intuizione. Il racconto di Pusterla, ovviamente imbevuto del fluido dei versi e assistito dalle terre della poesia, porta sconquassi lieti nell’immaginazioni. La trama, se così si può dire per una pubblicazione di questo genere, vede fermentare la nascita divertentissima, con accenni al pauroso, persino, di creature tutte sottratte alla metafora grande della vita. Che, insomma, se i Sinsigalli sono parto d’un vero e proprio refuso, allo stesso tempo sono ‘animaletti’ fantastici. E infine non possono che essere, di contro e insieme ai malvagi e tremendelli carrubi (m’auguro di non sbagliare, e potrebbe essere davvero per merito del programma di scrittura utilizzato), la rappresentazione in forma allegorica, appunto, del bene. Quando i carrubi – è ovvio – del male. Il gioco diventa sempre più bello proprio quando la lotta, per i Sinsigalli apparentemente tutta in difesa, fra i primi e i secondi. Che i persecutori sono i carrubi. Perché la lite perenne, anzi la volontà dei carrubi (ex carruggi) che non s’accentano è quella di prendersela coi buoni per eccellenza. Il mondo degli errori. Fabio Pusterla: poeta svizzero intriso d’amore per ogni essere vivente: spiega con brio e delicatezza.

venerdì 23 luglio 2010

TATEMIJE di Assunta Finiguerra (Mursia)











Sono convinto che un giorno chi legge, chi farà cultura, chi produrrà senso insomma, verrà guardato con disprezzo, verrà additato come un morbo che vuole distruggere la società con le sue “dotte” farneticazioni, e questo per quanto riguarda letteratura e arti figurative … figuriamoci poi chi indosserà le vesti sacre della Poesia. Altro che Salem! Ma forse sono solo semplici e puerili fantasie di un caldo mattino d’estate. La Poesia rimane ancora un terreno minato, e sinceramente si incontrano sempre meno buoni libri di versi, sia perché ci sono sempre meno poeti o “sognatori” di un certo spessore, sia perché spesso si fa confusione nel classificare un lavoro come poetico. Di recente la casa editrice Mursia mi recapita un libretto davvero splendido, che ho letto tutto d’un fiato. Il titolo è “Tatemije” di Assunta Finiguerra (1946/2009), poetessa nata nel dopoguerra, neorealista, inserita nel progetto editoriale della casa editrice milanese all’interno della collana Argani, inaugurata da Franco Loi e poi da Guido Oldani, due maestri della Poesia contemporanea. Tatemije (Padre mio), raccolta uscita postuma di una donna nata come sarta e poi divenuta (piuttosto tardi, nel 1995 per la precisione) una vestale del verso. La sua lingua, il suo dialetto, il lucano, assurge al ruolo di lingua idonea a far sentire il respiro della poetessa lucana, la sua ironia, il suo voler scomporre il reale in frammenti di disperazione più piccoli, tollerabili per chi ha una soglia del dolore molto bassa. Ogni componimento (il lettore troverà il testo a fronte che non fa perdere la bellezza e la freschezza nel ritmo) è una lama che lacera l’infinito, e lo fa senza troppi fronzoli. Come in un gigantesco rogo la Finiguerra canta qualsiasi cosa perchè tutto è degno di essere cantato, perché tutto deve essere detto a qualsiasi costo. Poetessa europea, e lo si può affermare con assoluta serenità, insegna come la leggerezza, spesso è sostenibile, e senza necessariamente una lobotomia!

giovedì 22 luglio 2010

Uccio Bandello, La voce della tradizione (Kurumuny)





















Per capire la storia di un popolo bisogna conoscerne il ritmo, la musica, la poesia: tutti quegli aspetti che di solito non sono contemplati nei libri di storia propriamente detti ma che fanno parte integrante dell’essere uomini e sono perciò fondamentali per conoscersi, capirsi e aprirsi all’accoglienza dell’altro, portatore a sua volta di altri ritmi, altre musiche, altra poesia. Nella storia della musica di tradizione del Salento si leva la voce possente e straordinaria di Uccio Bandello, finissimo cantore e depositario della memoria di tutto un popolo.
Persona schiva e riservata, ma autorevole e maestosa quando cantava, Antonio aveva un dono prezioso e con la sua voce riusciva a incantare tutti intorno a sé: durante la prigionia in Africa Bandello ottenne dagli inglesi cibo per lui e per tutti gli altri prigionieri in cambio delle sue esibizioni canore per i sottufficiali.
Si racconta che cantasse anche quando tornava a casa in bicicletta da Collepasso (Le) e la gente lo aspettava sull’uscio per complimentarsi.
La pubblicazione di questo libro con CD musicale, che contiene diciannove brani tra stornelli, canti di lavoro e di questua, ci restituisce quella malia di voci che fa di Bandello e degli Ucci alberi di canto e della cultura della tradizione salentina.

Codice: 978-88-95161-43-3
Autore: Luigi Chiriatti (a cura di)
Prezzo: € 15.00
Pagine: 64
Note: Libro con cd musicale contenete 19 tracce; f.to 13,5x13,5 cm

Interventi di: Tonio Bandello, Sergio Blasi, Luigi Chiriatti, Flavia Gervasi, Sergio Torsello.

martedì 20 luglio 2010

Nasce Laurana Editore











Laurana Editore è un marchio che farà la sua comparsa in libreria a inizio settembre. Nasce da un’idea di Calogero Garlisi, l’amministratore delegato di Melampo (www.melampoeditore.it), che dopo aver varato nel 2004 la sigla dedicata alla saggistica politica, sociologica e storica ha infatti deciso di assecondare una delle sue passioni più forti: quella per la narrativa italiana. “La mia intenzione non era però solo quella di appagarmi come lettore. Volevo, e voglio, riuscire a pubblicare libri utili. A utilizzare la narrativa per fare luce sulla realtà”. Laurana Editore si propone così, nel primo anno di vita (e cioè nel periodo settembre 2010- giugno 2011), di mandare in libreria una decina di titoli. L’interesse principale va a quegli scrittori che mostrano una spiccata attenzione per il contesto attuale del nostro Paese: un contesto sia strettamente legato a questo inizio del nuovo millennio, sia inteso come affresco degli ultimissimi decenni. Perché questa scelta? Vale a dire: come mai si è deciso di investire la narrativa di un ruolo che ci verrebbe spontaneo attribuire solo alla saggistica? Perché grazie alla narrativa le cose si possono “far vedere”, si possono “mettere in scena”, e così rendere evidenti. Racconta Tolstoj che le scene di battaglia descritte in Guerra e pace sono debitrici delle scene di battaglia descritte da Stendhal nella Certosa di Parma. Lì, secondo Tolstoj, si vede che cosa accade davvero nelle giornate di scontro: c’è una grande confusione, non si capisce un bel niente. E Stendhal è in grado di metterlo in scena. Rinunciando in un primo momento a spiegare si concentra sulla possibilità di rappresentare. La letteratura ha dunque questo valore di farci vedere. E farci vedere quello che ci sta attorno, mentre lo abbiamo sotto gli occhi, crediamo di conoscerlo e invece non ne sappiamo nulla. È per questo che alla letteratura si è sempre chiesto di essere un luogo privilegiato della ricerca della verità, ed è per questo che la si insegna in ogni ordine e tipo di scuola. Se pensassimo che la letteratura è fatta soltanto di belle storie inventate non ci preoccuperemmo più di tanto di leggerla e di farla leggere, di studiarla e di farla studiare. Pensiamo invece che quelle belle storie inventate portino con sé ognuna una possibilità di vedere, e quindi di capire. Laurana Editore cercherà dunque di pubblicare letteratura che mostri le solite cose, ma in modo completamente diverso.


in uscita il 10 settembre


Il primo titolo che Laurana Editore propone è Sangue di cane di Veronica Tomassini, giornalista che collabora col quotidiano “La Sicilia” dal 1996. Si tratta di un romanzo che ci mostra la realtà quotidiana degli immigrati in una città, Siracusa, che possiamo intendere come specchio di tutte le città italiane, dove è sempre più grande il numero di uomini e donne che vivono ai margini e che ci rimangono sconosciuti. La protagonista si innamora di un semaforista polacco, alcolizzato, e di fronte a lei si spalanca un paesaggio umano sconosciuto, mentre vengono meno le certezze di sempre. Il secondo titolo è “Un po’ più lontano di Massimo Cassani, giornalista del Gruppo 24 ORE e autore di due fortunati gialli di ambientazione milanese, Sottotraccia e Pioggia battente (Sironi, 2008 e 2009). Il protagonista di questo nuovo romanzo, traduttore free lance e collaboratore del Sismi, è un uomo solo che non ha saputo fare i conti con il passato. E quando nella sua vita compare la giovane Iaia, che lo corteggia smaccatamente, tutti i pezzi di una quotidianità incoerente vanno a comporsi attorno a lui come in una morsa. Si può provare a nascondere il passato, ma non è il tipo di tentativo che possa andare a buon fine.


in uscita il 15 ottobre


Il terzo titolo è Nel grande show della democrazia di Marco Bosonetto, tra i cui titoli ricordiamo Nonno Rosenstein nega tutto e Morte di un diciottenne perplesso (Baldini Castoldi Dalai, 2000 e 2003) e Requiem per un’adolescenza prolungata (Meridiano Zero, 2008). Siamo nel 2024 e Marco Dell’Elmo è stato il primo premier nella storia del nostro Paese a essere eletto direttamente da casa col televoto. Uno scandalo sessuale l'ha però strappato dalla sua poltrona e gettato in strada. Così è qui che lo troviamo a lottare per riconquistare la sua dignità e per salvarsi la vita in una storia ricca di colpi di scena: a volerlo morto infatti è il nuovo premier, Valter Mandilan, un comico diventato famoso proprio imitando lui. Ma Dell’Elmo non ha intenzione di lasciarsi accoppare.


in uscita il 12 novembre

Il quarto titolo di Laurana Editore è I cani di via Lincoln del siciliano Antonio Pagliaro, già autore del romanzo Il sangue degli altri (Sironi, 2007). Nella Palermo dei nostri giorni viene compiuta una strage: sei cinesi vengono ammazzati a colpi di kalashnikov nel ristorante che gestivano e insieme a loro perdono la vita anche due italiani. Quello che è all’apparenza un regolamento di conti si rivela invece l’occasione per misurare i rapporti tra la mafia cinese e quella italiana. In una realtà dove è impossibile fare giustizia, perché collusione e corruzione sono metastasi diffuse sia tra i politici sia tra le forze dell’ordine.

Laurana Editore

le solite cose,

completamente diverse


info e contatti

Gabriele Dadati

dadati@laurana.it

02.23002405

www.laurana.it

lunedì 19 luglio 2010

Elizabeth Strout, Olive Kitteridge, Fazi - prime 40 pagine del libro vincitore Premio Bancarella 2010

INCIPIT
Per molti anni Henry Kitteridge era stato farmacista nella città vicina, e ogni mattina guidava attraverso strade piene di neve, oppure fradice di pioggia, oppure dove d’estate i lamponi selvatici protendevano i loro germogli novelli dai cespugli lungo l’ultimo tratto della cittadina, prima di svoltare nella strada più larga che portava alla farmacia. Ormai in pensione, si sveglia ancora presto e ricorda come le mattine fossero sempre state il suo momento preferito, come se il mondo fosse il suo segreto: gli pneumatici che rombavano sommessi sotto di lui nella luce che filtrava attraverso la nebbia mattutina, il breve spettacolo della baia in lontananza sulla destra, e poi i pini, alti e sottili. Guidava quasi sempre con un finestrino un poco aperto perché amava l’odore dei pini e della densa aria salmastra, e d’inverno quello del gelo. [...]
link per leggere le prime 40 pagine del libro

Elizabeth Strout, Olive Kitteridge, traduzione di Silvia Castoldi, Fazi Editore, luglio 2009

Vincitore Premio Bancarella 2010 - (18 luglio 2010, Pontremoli)
Vincitore Premio Pulitzer 2009

CLAUDIO MORETTI E MAURO DALTIN TRA GLI EMIGRANTI FRIULANI IN ARGENTINA, E TRA I BAMBINI INVISIBILI DELLE ANDE


















Dal primo settembre, l'attore Claudio Moretti e lo scrittore Mauro Daltin saranno in Sud America e attraverseranno Argentina, Bolivia e Perù. In Argentina saranno ospiti di famiglie di emigranti friulani a Buenos Aires, a Cordoba e Colonia Caroya fino ad arrivare nella regione di Salta. Si sposteranno in autobus, raccoglieranno le storie dei progetti sociali e culturali che legano il Friuli Venezia Giulia all’Argentina, parleranno di emigrazione e della situazione del paese sudamericano.

Da Salta proseguiranno per Cochabamba e La Paz in Bolivia e, una volta arrivati al lago Titicaca, superata la frontiera fra Bolivia e Perù, con un treno che sale a 4000 m sulle Ande arriveranno direttamente a Cuzco. I fili conduttori che li muoveranno saranno il problema dell'acqua, l'emigrazione e i bambini.

Nel cuore dell'impero Inca saranno ospiti al "Centro Yanapanakusun" (www.caith.org; www.yanapanakusun.org) fondato e diretto da Vittoria Savio, piemontese, una delle donne più influenti e importanti del Perù, vera e propria figura di riferimento per tutto il mondo sociale e della cooperazione. Tra l'altro il Centro è promosso spesso in Italia con numerosissime presentazioni ed eventi e ha molti sostegni e collaborazioni con enti pubblici e privati italiani ed europei.

Qui lavoreranno ad alcuni progetti assieme alle bambine invisibili del Perù, bambine che altrimenti verrebbero sfruttate sia lavorativamente sia a volte sessualmente dalle famiglie ricche delle città e che in questo centro trovano una struttura che dà loro una istruzione, una dignità di lavoratrici e un’assistenza medico-legale completa.

Il centro ha all'attivo una scuola pubblica, un programma di turismo responsabile (tramite un ostello equo-solidale e una agenzia di viaggio), una radio dove dare voce alla situazione di queste lavoratrici domestiche sfruttate e alle difficili condizioni dei bambini in generale, una biblioteca e una casa famiglia. Claudio Moretti e Mauro Daltin saranno ospitati per una serie di progetti: laboratori legati al teatro e al gioco, la raccolta di testimonianze e storie che dovrebbero confluire in un progetto editoriale, una collaborazione con la radio e l'agenzia di viaggi, una serie di reportage per blog, riviste e periodici (sia in Friuli sia nel resto d'Italia), una serie di eventi pubblici al ritorno dall'esperienza.


Profili biografici:


Mauro Daltin nasce nel 1976, in Friuli. Lavora nell'editoria da alcuni anni, prima al Touring Editore, poi alla Kappa Vu, e successivamente come editor e responsabile editoriale della casa editrice Ediciclo. Ha fondato e diretto il quadrimestrale PaginaZero-Letterature di frontiera. Collabora con il settimanale "Carta" e la rivista "Lo straniero" di Goffredo Fofi. È autore per il Touring Editore della guida Friuli Venezia Giulia per la collana Tracce. Si è trovato a condurre, divertendosi molto, programmi radiofonici su letteratura, editoria e cultura sulle frequenze di Radio Onde Furlane. Spesso presenta e legge in pubblico. Ha pubblicato il libro L'eretico e il cattolico. Intervista a Elio Bartolini per la Kappa Vu edizioni. Nel 2009 la raccolta di racconti Latitanze per i tipi della Besa Editrice. Il suo blog: http://latitanze.wordpress.com


Claudio Moretti è nato a Gradisca di Sedegliano, Nel 1982 fonda il Teatro Incerto con il quale ha percorso in lungo e in largo tutto il Friuli e diverse località italiane ed europee. Nel 1986 inizia la Scuola triennale di Formazione Professionale per attori FARE TEATRO organizzata dal C.S.S. di Udine. Da anni e a giorni alterni, collabora con vari enti fra i quali l'Università di Udine, Friuli nel Mondo, il SERT, La Civica Accademia d'Arte drammatica "Nico Pepe", C.S.S., la Scuola d'Arte e Mestieri di Pordenone ed altri. Lavora per emittenti locali come Rai Regione, Telefriuli, Free e Onde Furlane. Ha partecipato alla realizzazione di libri vari e soggetti video (anche attore) per l'infanzia. Ha recitato dappertutto, compresi carceri e manicomi (ce n'è ancora), ma anche nei night, negli ospedali e persino in un circo. La Rai e Telefriuli hanno mandato in onda i loro spettacoli teatrali più recenti, "Maratona di New York" e il radiodramma "I Mosaicisti". Con Fabiano Fantini ed Elvio Scruzzi, ha scritto testi teatrali, regolarmente pubblicati nella collana "X il Teatro", e realizzato decine di spettacoli.


Contatti:


Mauro Daltin (mauro.daltin@fastwebnet.it)

Claudio Moretti (claudiomoretti@yahoo.it)

domenica 18 luglio 2010

Un mattino da cani, di Christopher Brookmyre (Meridiano Zero). Intervento di Nunzio Festa

















Parlabene è uno di quegli uomini, anzi uno di quei giornalisti che volta per volta sono buoni a spedirsi nelle pratiche del rapporto diretto e storto con la pericolosa avventura. Questa volta, il pazzo s’intrufola, anzi s’insacca, s’immette in una storia appena appena dopo essersene uscito da un’altra anche più avvincente. Persino fatta di fuga dalla morte quasi certa. Jack Parlabene, nel sempre brillante “Un mattino da cani” dell’altrettanto brillante e ‘pronto’ scrittore di Glasgow Christopher Brookmyre, al risveglio d’una speditissima ubriacata, s’inceppa fuori dal chiavistello del nuovissimo e fresco appartamento poggiato a quello dove arriverà un po’ di polizia; quindi, giustamente, si mette nella capoccia d’usare la casa d’un altro, appena assassinato – ma ovviamente (all’inizio) il giornalista è inconsapevole della morte tutt’altro che accidentale – per tornare nelle sue spoglie stanze. Ponsonby, il fresco cadavere, guarda caso, era uno stimato medico d’Edimburgo, e Parlabene, inizialmente trasferito in mutande in commissariato, decide, giustamente e chiaramente, d’investigare senza remissione da principi. Fare il suo mestiere. Insomma, d’immettersi nella vicenda. A prova di giornalista d’assalto. Appunto. Piano, di scena in scena, il romanzo ci traghetta nelle sensazioni d’una nazione, proprio la Scozia, che come altre deve fare conti e sottoconti, nella travagliata questione delle Asl e della sanità, pubblica e privata, con gli interessi, tanti, personali, e soprattutto con la storia politica di chi si trova, in quel momento la Tachter, a sbrigare le amicizie varie e, in contemporanea, la decisione di privatizzare tutto il privatizzabile che esisteva. Se in certi passaggi pare leggere la sceneggiatura d’una pellicola del divo Quentin, dai dialoghi, azzeccati proprio sempre, sembra di comprendere come Brookmyre invece superi decisamente alcune invenzioni di certo genere. Ogni personaggio, decisamente, è di quelli da ricordare – come si dice; e, ovvio, non solamente il giornalista protagonista della mai doma trama. Si pensi alla divisa lesbica, all’ex moglie medico ecc. L’ironia, e il sarcasmo, le pressioni dello scrittore danno fermenti ai quali il romanzo non può di certo rinunciare. La scrittura di C. Brookmyre, attaccata alla trama allucinata e più impressionate della cronaca dalla quale sicuramente prende piccole e significative mosse, è il fattore cristallizzato nelle vene dei personaggi, per esempio i poliziotti, si potrebbe ripetere, oltre che il sangue acerbo d’una letteratura impregnata della miracolosa, laica, pulsione vitale. In tutto ciò, la traduzione di Curtoni consente di tenere il meglio. La lettura infine spiega un dato: esistono autori viventi da cercare e ricercare.

Un mattino da cani, di Christopher Brookmyre, traduzione di Vittorio Curtoni, Meridiano Zero (Padova, 2010), pag. 318, euro 10.00.

sabato 17 luglio 2010

K.O. di Mauro Chefa (Lupo editore). Intervento di Donatella Neri





















Il succo e gli intenti del romanzo sono ottimamente delineati nella Presentazione che ne fa l’autore. Nel lungo viaggio che prende le mosse da Rimini per portare il protagonista verso i Paesi baltici (passando per Milano e Berlino), K si affida alle suggestioni che gli vengono da incontri, ambienti, voci e paesaggi per “ritrovarsi” e perdonare/perdonarsi. Le tappe interiori del suo percorso si fondono così con gli input dell’itinerario geografico, scandito dalla permanenza più o meno lunga a Stoccolma, Helsinki, Tallin, Riga, Vilnius… dove lo accolgono sensazioni e/o personaggi capaci di riportarlo al passato e di fargli rivivere esperienze importanti, spesso dolorose, e momenti chiave della sua infanzia e dell’adolescenza salentina. Così emergono le figure fondamentali della sua formazione, con il loro bagaglio di positività e di negatività, di gioia e di sofferenza, ora inquietanti ora affettuose, ora presenze protettive ora incubi, ma tutte comunque accolte nella memoria come parte integrante della propria identità e proprio per questo “assolte”, per quanto brucianti possano ancora essere le ferite da alcune di loro inflitte più o meno consapevolmente. Ne scaturisce una storia intensa, caratterizzata dalla ricostruzione dell’atmosfera paesana di una Novoli contaminata dalla malavita (la cui realtà è così quotidiana da apparire scontata) e dalla grande passione di K per il calcio, l’unica risorsa che gli ha permesso di salvarsi dalle molteplici occasioni di perdersi, infragilito com’è da un contesto familiare che lo ha segnato duramente. Decisive nel ricordo del protagonista sono le figure maschili: oltre a quelle degli amici o dei paesani, spiccano quella dell’anarchico nonno Nino, accanito fumatore di pipa, che gli ha insegnato la lealtà nella vita e nello sport, quella controversa di Gabriele, padre violento a sua volta ferito da un’infanzia negata, dell’odioso Uccio che crede suo nonno e del forte Gaetano che lo è davvero. Numerosissimi i personaggi maschili che popolano la mente di K affacciandosi prepotenti alla sua memoria nella rievocazione di episodi significativi che acquistano la forza dell’attualità nel confronto con i fantasmi e con le angosce che lo hanno reso un giovane uomo dagli occhi di ghiaccio, sempre attestato in difesa. Di altrettanto spessore alcune figure femminili (in particolare quella di Marta, la madre) e in generale l’intero universo umano rappresentato. E’ nel misurarsi con questa folla che si delinea la personalità di K, autistico e dislessico fin da piccolo per proteggersi dalla violenza, adolescente ribelle che diventa ultrà fascista per contrapporsi al padre che – comunista – picchia figlio e moglie ricadendo nelle stesse prevaricazioni di cui è stato a suo tempo vittima, prima di candidarsi alla rovina finanziaria e personale. K afferma più volte di non saper amare, ma sente di avere una casa (anzi, una kasa) e la riconosce il un baluginio del sole scandinavo o in un riflesso del mare del mare del Nord, richiamando il “suo” sole e il “suo” mare… verso i quali si dirige a ritroso, alla fine del suo viaggio, per ri-tornare incontro a se stesso, ormai pacificato

venerdì 16 luglio 2010

Sentieri a Sud a Kurmuny nel Salento













Sentieri a Sud è un’occasione per ritrovarsi al di là dei rumori della quotidianità, per sentire ancora il Sibilo Lungo della terra e condividere momenti intensi, fatti di poesia, letteratura, canto e musica, modalità espressive legate profondamente alla terra e ai suoi uomini. Quattro incontri in compagnia di artisti, scrittori, registi, ricercatori spaziando attraverso arte, storia, politica, musica e visioni: uno scambio che è anche relazione, in un luogo altro, quasi ai margini, un luogo dell’anima che però
diventa realtà concreta. La partecipazione è aperta a tutti e l’ingresso è gratuito.

22 luglio
Presentazione del volume Viaggio de Leuca – guida ai luoghi, non luoghi e luoghi comuni del Salento di Luigi Lezzi. Dialoga con l’autore Luigi Chiriatti. A seguire perfomance teatrale a cura di Luigi Lezzi e Stefania Miscuglio: Dalla prima poesia in dialetto salentino ai Sud Sound System.

Il libro
Si parte dall’analisi del primo documento di poesia in dialetto leccese, Viaggio de Leuca, per tentare di individuarne la struttura che connette. Il poemetto del XVII secolo descrive con precisione lo stato del territorio salentino e quello della cultura del tempo. Da qui l’autore ci conduce a un immediato paragone con la situazione attuale e ne sottolinea alcune incongruenze. In particolare ci si chiede come, da uno stato di diffusa condivisione degli spazi, si sia giunti ad accettare quell’esproprio territoriale che consegue alla trasformazione di un luogo in un nonluogo turistico.

L’autore

Luigi Lezzi è un esperto di didattica del teatro. Collabora attivamente con gli Istituti di Storia delle Tradizioni Popolari e di Antropologia Culturale dell’Università del Salento. Ha al suo attivo diverse indagini sulla memoria e sul valore delle radici che diventano anche performances teatrali e temi di laboratorio. È anche appassionato di viaggi, specialmente di quelli che chiameremmo slow travels, che impiegano cioè mezzi di trasporto particolarmente lenti come le proprie gambe o la bicicletta.
I laboratori didattici che conduce da anni in diverse scuole di ogni ordine e grado hanno portato anche alle recenti pubblicazioni:

La memoria raccontata, un’indagine sulla narrativa di tradizione orale a Ceglie Messapico (Aramirè 2006) e Le cicale, il canto salentino a para uce, (Kurumuny 2007).

29 luglio
Presentazione del film documentario Hanna e Violka di Rossella Piccinno. Proiezione del documentario; intervista alla regista, dibattito.

Sinossi
Hanna Korszla è una delle 1.700.000 badanti presenti in Italia, vive in Salento da tre anni insieme a Gina e Antonio, un anziano ultraottantenne malato di Alzheimer, di cui si occupa costantemente. Violka è sua figlia, diciannovenne polacca senza lavoro. Le vite di Hanna e Violka si incontrano come in uno specchio scambiandosi i propri ruoli nella cura di ‘Ntoni. È così che Hanna può finalmente ritornare in Polonia a riabbracciare il resto della sua famiglia confrontandosi con un presente e con un passato difficile, mentre Violka, badante-bambina, fa i conti con un soggiorno che non si rivela essere proprio “una vacanza”. Hanna e Violka è un film sulla trasformazione, quella privata delle protagoniste a confronto con differenti ruoli, e quella sociale dell’Italia che invecchia, della famiglia che cambia, delle straniere venute dall’Est per diventare quasi “di famiglia”. È un film sulla migrazione di oggi e sulla straordinaria capacità delle donne di affrontare con forza e ironia le dure sfide del quotidiano.

La regista

Rossella Piccinno, si laurea in Cinematografia Documentaria e Sperimentale al DAMS di Bologna, per diplomarsi successivamente come Tecnico di produzione video. Debutta alla regia con il corto Intenso sei nel 2005, a cui seguono i documentari Mauritania: città-biblioteche nel deserto (2006), Occhi negli occhi-Memorie di viaggio (2007), Voci di donne native e migranti (2008), To my Darling (2008), fino al suo ultimo lavoro Hanna e Violka (2009). Attualmente è artista residente presso lo Studio Nazionale di Cinema e Arti Contemporanee Le Fresnoy, in Francia.

5 agosto
Presentazione del libro Le ragioni della passione – approdi e avventure del sapere di Antonio Errico. Antonio Errico presentando il suo ultimo lavoro dialogherà con Stefano Donno, seguiranno letture a cura di Anna e Fabio Chiriatti.

Il libro
Noi vediamo soltanto frammenti. Abbiamo relazione soltanto con le scaglie di un insieme. L’insieme è invisibile, spesso incomprensibile, talvolta persino inimmaginabile. Non conosciamo mai niente nella sua totalità, nella sua completezza, nel suo percorso compiuto. Nemmeno la nostra vita. Noi osserviamo e studiamo i cocci di un vaso ridotto in frantumi da millenni.

L’autore

Antonio Errico è nato in provincia di Lecce dove vive e lavora come dirigente scolastico di un liceo. Ha pubblicato volumi di narrativa e di saggistica: Tra il meraviglioso e il quotidiano (1985); Favolerie (1996); Il racconto infinito (saggio su Luigi Malerba, 1998); Fabbricanti di sapere. Metodi e miti dell’arte di insegnare (1999); Angeli regolari(2002); L’ultima caccia di Federico Re (2004); Salento con scritture (2005); Viaggio a Finibusterrae (2007); Stralune (2008); oltre a saggi e racconti in volumi collettivi. Ha curato l’antologia Poeti a Finibusterrae e la riedizione di Secoli fra gli ulivi di Fernando Manno. Collabora alle pagine culturali di quotidiani e periodici, a riviste letterarie e scolastiche.

12 agosto
Presentazione del libro con CD musicale, Uccio Bandello – la voce della tradizione.
Il lavoro, un omaggio a uno dei più grandi cantori del Salento a più di dieci anni dalla sua scomparsa, è anche motivo per ripensare a queste grandi figure – alberi di canto – e al ruolo di primissimo piano che hanno ricoperto. Prenderanno parte alla presentazione gli autori degli interventi di cui si compone il book-let: Tonio Bandello (figlio di Uccio); Luigi Chiriatti (curatore del volume); Flavia Gervasi (dottoranda presso l’università di Montreal); Sergio Torsello (Responsabile scientifico Istituto Diego Carpitella). A seguire intervento musicale a cura dei cantori di Martano

Il Libro
Per capire la storia di un popolo bisogna conoscerne il ritmo, la musica, la poesia: tutti quegli aspetti che di solito non sono contemplati nei libri di storia propriamente detti ma che fanno parte integrante dell’essere uomini e sono perciò fondamentali per conoscersi, capirsi e aprirsi all’accoglienza dell’altro, portatore a sua volta di altri ritmi, altre musiche, altra poesia. Nella storia della musica di tradizione del Salento si leva la voce possente e straordinaria di Uccio Bandello, finissimo cantore e depositario della memoria di tutto un popolo. Persona schiva e riservata, ma autorevole e maestosa quando cantava, Antonio aveva un dono prezioso e con la sua voce riusciva a incantare tutti intorno a sé: durante la prigionia in Africa Bandello ottenne dagli inglesi cibo per lui e per tutti gli altri prigionieri in cambio delle sue esibizioni canore per i sottufficiali.
Si racconta che cantasse anche quando tornava a casa in bicicletta da Collepasso (Le) e la gente lo aspettava sull’uscio per complimentarsi.
La pubblicazione di questo libro con CD musicale, che contiene diciannove brani tra stornelli, canti di lavoro e di questua, ci restituisce quella malia di voci che fa di Bandello e degli Ucci alberi di canto e della cultura della tradizione salentina.


Info@kurumuny.it
www.kurumuny.it
Tel. 0832 801528 begin_of_the_skype_highlighting 0832 801528 end_of_the_skype_highlighting begin_of_the_skype_highlighting 0832 801528 end_of_the_skype_highlighting

giovedì 15 luglio 2010

Nuova Poesia creaturale di Tiziano Fratus (Manifattura Torino Poesia)













Ogni cosa respira, prende posto e cresce al centro della pagina, è creata e si ribella: un cantico laico delle creature, Tiziano Fratus è un moderno (san) Francesco che scrive lavorando il legno e costruendo muri a secco con i sassi del bosco: la sua poesia si muove come un orecchio teso ad ascoltare ogni minimo respiro, un occhio acceso sul mondo: «A dirla tutta non ce la si fa a raccontare tutto ciò che accade, là fuori, con questo piccolo fuoco acceso»; una voce che tenta di capire cosa vogliano gli esseri viventi, come abitano la terra in cui vivono: «Certi esseri umani sono epidermide, si induriscono e diventano tutti spine». Nuova Poesia Creaturale offre al lettore una ricognizione sulla poesia edita ed inedita. Due nuovi capitoli: Il cipresso di Monterey presenta le liriche composte durante due tournée negli Stati Uniti, in occasione dell'uscita delle sue due pubblicazioni A Room in Jerusalem e Creaturing; l'America amatissima da Cesare Pavese ritorna ad occupare un posto centrale nell'immaginario letterario, umano e ambientale della poesia torinese e piemontese. L'uomo radice offre nuove poesie "ambientali" iniziate con il precedente volume Il respiro della terra: poesie che si radicano in terra di Piemonte, che gettano radici nella storia e nell'ambiente naturale di questa terra. Infine una selezione di poesie pubblicate nei libri precedenti, riviste per questa nuova edizione.

«Deve averne incontrati di poeti Fratus camminando e camminando (anche in America) con il suo passo-verso lungo per formare l'esatta "mente dell'agricoltore" chinata operosamente su una terra tanto fertile e fruttuosa» (Gabriella Sica)


TORINO | Circolo delle Passioni (14 luglio 2010, ore 18.oo | Esposizione Homo Radix - Fotografie di alberi da Stati Uniti, Francia, Italia e Singapore; presentazione del volume Nuova Poesia Creaturale; brindisi con dolcetto di Dogliani offerto dall'azienda agricola San Fereolo)


GAMBETTOLA | Hotel Limbo (24 luglio 2010, ore 21.oo - incontro di discussione sulla poesia poematica in Italia con Federico Italiano, Roberta Bertozzi, Tiziano Fratus, Vincenzo Frungillo)


ROMA | Tor Tre Teste Festival (31 luglio 2010, ore 20.oo - Parco Alessandrino, a cura di The Way to the Indies, Argilla Teatri)


MONTE BRACCO (5 settembre 2010, ore 15.oo | Lettura da Nuova Poesia Creaturale dopo la camminata)


CATANIA | Libreria Tertulia (Dal 13 al 20 settembre 2010 - Tour in Sicilia)


SIRACUSA | Libreria Biblos Cafè (Dal 13 al 20 settembre 2010 - Tour in Sicilia)


RAGUSA | Libreria Saltatempo (Dal 13 al 20 settembre 2010 - Tour in Sicilia)


PALERMO | (Dal 13 al 20 settembre 2010 - Tour in Sicilia)


MILANO | Spazio Studio (21 settembre 2010 | Esposizione Homo Radix - Fotografie di alberi da Stati Uniti, Francia, Italia e Singapore; presentazione del volume Nuova Poesia Creaturale)


BRA | Il Fondaco (ottobre 2010 | Esposizione Homo Radix - Fotografie di alberi da Stati Uniti, Francia, Italia e Singapore; presentazione del volume Nuova Poesia Creaturale)

L'anello dei Borgia, Michael White - (primi 4 capitoli)




















Prologo

Roma, agosto 1503
La testa di papa Alessandro VI sembrava un enorme scroto. Del grasso gli colava sul mento, e quando contemplò la montagnola del dolce budino che aveva davanti le sue malvagie pupille nere si dilatarono. Lucrezia Borgia, sua figlia, lo guardò e sentì un conato di vomito premerle in gola. Aveva solo dodici anni quando il padre l’aveva introdotta alle proprie inclinazioni sessuali. Era stata costretta a masturbarsi con un crocefisso mentre lo guardava sodomizzare un servetto di nove anni. Quando il vecchio obeso era venuto aveva grugnito come un cinghiale infilzato.
Seduto accanto al padre c’era il fratello, Cesare. Una volta, dopo che l’aveva tenuta sveglia tutta la notte con la sua insaziabile
lussuria, si era vantato di aver ucciso decine di uomini, e aveva dichiarato che un giorno avrebbe assassinato il padre e conquistato il soglio papale. Ma adesso Cesare Borgia era malato. [...]
Il libro
A Londra, durante i lavori di ristrutturazione di un palazzo della City, viene rinvenuto uno scheletro. Potrebbe essere appartenuto a chiunque, ma un indizio fa pensare che si tratti di un personaggio molto, molto importante: sull’indice della mano destra brilla un anello d’oro con incastonato un enorme, luccicante smeraldo. Intanto,al commissariato di polizia di Brick Lane, l’ispettore Pendragon è alle prese con tre casi di omicidio. Tre crimini sanguinosi, spietati, apparentemente inspiegabili. E mentre Pendragon segue le tracce di un assassino crudele e inafferrabile, si fa sempre più chiaro che esiste un legame con quel misterioso anello. Quali indicibili segreti custodisce? Tutte le ipotesi portano a una fitta rete di misteri, intrighi e congiure che cinquecento anni fa avvolse la Londra elisabettiana… E sulla città cala l’ombra spettrale di una potentissima famiglia rinascimentale la cui sanguinaria ferocia divenne leggenda: i Borgia.
10 righe dai libri
link per leggere i primi 4 capitoli del libro di

Michael White, L’anello dei Borgia, traduzione di Maria Vecchi, Newton Compton, 15 luglio 2010

mercoledì 14 luglio 2010

Sul tradurre. Esperienze e divagazioni militanti di Susanna Basso (Bruno Mondadori)



















Prima di parlare del libro di oggi, devo assolutamente riferire di due preziose pubblicazioni passate quasi sotto silenzio in Italia, che parlano dell’arte di tradurre: il primo è di Barbara Lanati che con il suo “Pareti di Cristallo” edito da Besa raccoglie quattro saggi dedicati a Gertrude Stein, Henry James, Angela Carter e Emily Dickinson, scrittori presi sotto l’amorevole cura traspositiva dell’autrice, e resi poi in italiano nel corso degli anni. Splendida la nota introduttiva di Gianni Vattimo. Il secondo sempre per i tipi di Besa è “Gli autori invisibili” di Ilide Carmignani con prefazione di Ernesto Ferrero: libro in cui viene evidenziato il ruolo dei traduttori che hanno il compito fondamentale di permettere ai lettori di conoscere la fenomenologia culturale di realtà etno/linguistiche anche molto lontane dalle nostre. La Carmignani è una delle più importanti traduttrici italiane, e tra gli scrittori che molto le devono ricordiamo Luis Sepúlveda, Almudena Grandes, Arturo Pérez-Reverte. Ha tradotto inoltre uno dei più importanti scrittori del secolo scorso, Jorge L. Borges, un vero punto fermo della cultura planetaria. Esce ora per i tipi di Bruno Mondadori un libro di Susanna Basso, intrigante e raffinato, e sempre sulla traduzione dal titolo “Sul tradurre. Esperienze e divagazioni militanti”. Sono 166 pagine che si leggono tutte d’un fiato, vuoi perché l’argomento risulta sempre essere attuale, vuoi perché la Basso (autrice che tra gli altri ha tradotto romanzi di Alice Munro, Ian McEwan e Martin Amis) è veramente magistrale nel narrare come la traduzione sia un’operazione molto diversa dalla lettura, soprattutto per come si sceglie di approcciarsi ad un testo, percorrerlo, esplorarlo, riga dopo riga. Questo libro non è uno dei tanti manuali sul tradurre, è molto di più. E’ una vera e propria battaglia a mani nude tra due corpi, quello di chi opera la traduzione, e il corpo da tradurre (il testo, l’opera, il libro) in una simbiontica metafora di vite che si raccontano attraverso le parole. Susanna Basso così consegna ai suoi lettori uno splendido racconto, una specie di favola, dove gli scrittori non sono i protagonisti principali … tutt’altro! A dire la loro sono le scritture e le micro storie di incontri oscillanti tra silenzi e folgoranti disvelamenti. Un’opera assolutamente da leggere soprattutto perché ci aiuta a capire che quando si traduce un libro da una lingua ad un’altra, tutto - dalla virgola, al punto e virgola, al punto esclamativo, ad una parola anziché un’altra – e ribadisco “tutto” rappresenta una scelta. In fondo come lo è tutta una vita!